venerdì 8 aprile 2022

ASPETTI E PROFILI DI ILLEGITTIMITA’ DELLE SEGNALAZIONI NELLE PRINCIPALI BANCHE DATI DEL SISTEMA CREDITIZIO – CENTRALE DEI RISCHI DI BANCA D’ITALIA E BANCHE DATI SIC (CRIF, EXPERIAN, CTC, ECC.)

 

I casi più ricorrenti di illegittima segnalazione nella Centrale dei Rischi e nelle banche dati SIC sono  riferibili, sostanzialmente, a tre distinte fattispecie:

 

1) Mancata ricezione del preavviso, previsto dall’art. 4, comma 7, del Codice di deontologia e dall’art. 125, comma 3°, del TUB (Testo Unico Bancario).

 

Questa fattispecie è rappresentata dalla segnalazione eseguita in mancanza del dovuto preavviso al cliente persona fisica, atteso che l’onere di dimostrare l’avvenuto invio della predetta comunicazione grava interamente sull’intermediario.

 

L’invio a mezzo posta ordinaria di tale preavviso, infatti, non è sufficiente ad assolvere l’onere probatorio qualora il cliente contesti di averlo mai ricevuto, ragion per cui l’intermediario sarà tenuto a recapitare al proprio cliente una lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

 

Siffatta informativa risulta essenziale in quanto è espressione del fondamentale principio di correttezza e lealtà nel trattamento dei dati personali e risponde all’esigenza di offrire al debitore la possibilità di intervenire prima della segnalazione della morosità o di un altro evento negativo.

 

A tal proposito, precedentemente, l’art. 4, comma 7, del Codice Deontologico e di Buona Condotta per i Sistemi Informativi prevedeva testualmente che “Al verificarsi di ritardi nei pagamenti, il partecipante, anche unitamente all’invio di solleciti o di altre comunicazioni, avverte l’interessato circa l’imminente registrazione dei dati in uno o più sistemi di informazioni creditizie. I dati relativi al primo ritardo di cui al comma 6 possono essere resi accessibili ai partecipanti solo decorsi almeno quindici giorni dalla spedizione del preavviso all’interessato.

 

La Giurisprudenza sia di legittimità (Suprema Corte di Cassazione) che di merito (Tribunali e Corti d’Appello), nei recenti anni passati, si è mostrata consolidata nel ritenere che, relativamente alle segnalazioni in sofferenza presso i sistemi di informazione creditizia l’intermediario (ossia la Banca e/o l’Istituto di credito) debba, a pena di illegittimità della segnalazione, preavvertire il cliente almeno 15 giorni prima di procedere (v. ex multis Cass. Civ. Sez. I, n. 14685 del 13/06/2017; Decisione ABF Roma n. 6087/2015; in senso conforme ABF Collegio di Coordinamento n. 3089/2012; sentenza Tribunale di Firenze n. 2304/2016; sentenza Tribunale di Firenze n. 241/2016; Ordinanza Tribunale di Pescara n. 4687 del 21/11/2014; Ordinanza del Tribunale di Milano del 29.08.2014).

 

E’ pur vero che, a seguito del nuovo Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR – General Data Protection Regulation – ufficialmente Regolamento UE n. 679/2016) entrato in vigore il 24.05.2016 e operativo dal 25.05.2018, la suindicata previsione normativa è stata abrogata e sostituita con il nuovo Codice di Condotta dei Sistemi Informativi approvato il 12.09.2019 (Allegato al GDPR) il quale, all’art. 5, comma 6, sebbene abbia ribadito l’obbligatorietà del preavviso (“Al verificarsi di ritardi nei pagamenti, il partecipante, anche unitamente all’invio di solleciti o di altre comunicazioni, o eventualmente con le modalità indicate nel contratto, invia all’interessato un preavviso circa l’imminente registrazione dei dati in uno o più SIC. I dati relativi al primo ritardo possono essere resi accessibili ai partecipanti solo decorsi almeno quindici giorni dalla spedizione del preavviso all’interessato.), ha introdotto nuove modalità digitali di invio del preavviso, più immediate rispetto alla raccomandata a/r e con la medesima efficacia di tracciabilità (“Le modalità, anche digitali e innovative, per garantire la ricezione di detto preavviso sono definite dal partecipante sulla base di quanto previsto dal Garante nel provvedimento del 26 ottobre 2017 e nell’Allegato 1 al presente Codice di condotta.”).

 

Ad ogni modo, i rapporti anteriori a tale disposizione seguono la precedente disciplina.

 

2) Errata valutazione dell’intermediario circa lo stato finanziario-patrimoniale del soggetto segnalato “a sofferenza

 

Altro motivo di illegittimità della segnalazione in Centrale Rischi o nelle banche dati SIC consiste nell’errata valutazione del quadro patrimoniale/economico-finanziario del soggetto segnalato.

 

Come è noto, infatti, l'iscrizione nel registro dei crediti “a sofferenza” nelle banche dati creditizie richiede un’attenta analisi da parte del soggetto intermediario il quale, prima di disporla, dovrà esaminare la complessiva situazione finanziaria del cliente, non potendo essa scaturire a seguito dell’inadempimento a un solo rapporto o in conseguenza di un ritardo di modesta entità nel pagamento del debito.

 

In particolare, il credito può essere considerato in sofferenza soltanto qualora sia vantato nei confronti di soggetti che si trovino in stato di “insolvenza” o che comunque versino in situazioni sostanzialmente analoghe ad essa.

 

Tale nozione di insolvenza, occorre precisarlo, non si identifica con quella dell'insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come "grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile anche se non coincidente, con la condizione di insolvenza" (Cass. Civ. n. 23093/2013; Cass. Civ. n. 7958/2009; Cass. Civ. n. 21428/2007).

 

Sul punto tra l’altro il Tribunale di Firenze, con sentenza n. 2276/2012 (riconoscendo nel caso di specie l’illegittima segnalazione in CR), ha avuto modo di chiarire che “[..] l’istituto di credito ha senz’altro l’obbligo di compiere una approfondita istruttoria prima di effettuare la segnalazione, per verificare sulla base di elementi oggettivi – quali la liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e/o reddituale, la situazione contingente del mercato in cui opera, l’ammontare complessivo del credito ottenuto dal sistema creditizio e/o finanziario, se sussista davvero in concreto una situazione che induca a ritenere il credito a sofferenza ossia tale per cui appaiano sussistere rilevantissime difficoltà di recuperarlo [...]”.

 

In conclusione, l’intermediario è tenuto ad una rigorosa valutazione prima di segnalare a sofferenza il credito del proprio cliente in quanto -in caso contrario- la segnalazione potrà essere ritenuta illegittima e l’istituto di credito potrebbe essere condannato al risarcimento dei danni cagionati al cliente.

 

3) Mancato aggiornamento della segnalazione dopo il sopravvenuto accordo transattivo o dopo la riduzione del credito accertata giudizialmente

 

L’ultima fattispecie attiene al caso della segnalazione inizialmente legittima che, a seguito di un accordo transattivo sopravvenuto tra il cliente e l’intermediario, non sia mai stata aggiornata dalla Banca e/o dalla Finanziaria.

 

In tale frangente il cliente avrà pieno diritto ad ottenere la rettifica/cancellazione della segnalazione dalla data di stipula del piano di rientro, nonché il ristoro dell’eventuale risarcimento del danno cagionato dal tardivo adempimento della banca (v. decisione ABF Napoli n. 6484 del 1° settembre 2015; ABF Napoli n. 6899 del 10 settembre 2015).

Analogo ragionamento anche nel caso in cui venga accertato giudizialmente un credito di misura inferiore a quello preteso dall’intermediario, il quale sarà, a questo punto, obbligato ad aggiornare la banca dati sulla quale è avvenuta la segnalazione, indicando la corretta entità del proprio credito.

 

NULLITA’ DELLA PROCURA CHE NON INDICHI I CREDITI AFFIDATI IN GESTIONE

Il negozio unilaterale di procura è soggetto all’indefettibile principio della necessaria determinatezza/determinabilità dell’oggetto posto a pena di nullità dei contratti e dei negozi unilaterali ex artt. 1346 e 1324 c.c.

E’ necessario, relativamente ai crediti affidati in gestione alla mandataria, che nella procura siano indicati i singoli crediti o le tipologie di credito affidate alla gestione della mandataria. Non è affatto bastevole e sufficiente una generica indicazione ai “crediti affidati in gestione”, dal momento che siffatti crediti non risultano essere identificabili rispetto all’importo del credito, alle generalità del debitore e al titolo da cui trae origine il credito stesso.

Il principio è stato recentemente espresso e ribadito da una pronuncia del Tribunale di Bergamo, 31 gennaio 2022 – G.U. Magrì.

Il Tribunale, nel citato provvedimento, richiama all’uopo il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte: “Con riferimento al mandato con rappresentanza – e al negozio unilaterale di procura, che, sul piano sostanziale, del primo costituisce negozio di attuazione (quale che ne sia, poi, la forma espressiva che nel concreto prenda) – detto requisito [della determinatezza (ovvero determinabilità) dell’oggetto] e il correlato interesse pubblico si riflettono non solo sul contratto di mandato, ma pure, e in via distinta, sul negozio unilaterale di procura. Ora, a quest’ultimo proposito (del negozio di procura), è importante anche sottolineare che viene qui ad emergere, in una con gli altri interessi, pure l’esigenza di tutela dell’interesse dei terzi, quali soggetti destinati a venire in contatto con il rappresentante: stando al disposto dell’art. 1393 c.c., invero, «il terzo che contratta col rappresentante può sempre esigere che questi giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da un atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata». (Cass. Civ. Sez. 6, Ordinanza n. 28803 del 07/11/2019).

Ne discende che una procura che, seppur elencando in dettaglio il contenuto dei poteri conferiti alla mandataria, non indichi con precisione quali siano i crediti affidati alla gestione della mandataria, non rendendo praticabile l’esatta individuazione dei rapporti giuridici oggetto di contratto e del contenzioso, deve ritenersi nulla in virtù del combinato disposto degli artt. 1418, 1346, 1324 c.c.

La mandataria, pertanto, deve ritenersi carente di legittimazione processuale.

 

SULLA PROVA DEL CREDITO BANCARIO: CONTRATTO ED ESTRATTI CONTO COMPLETI NON SONO L'UNICO MODO DI PROVARE LE MOVIMENTAZIONI DEL RAPPORTO

Cassazione civile, sez. II, 14 Febbraio 2022, n. 4718. Pres. Manna. Est. Giannaccari.

Nei rapporti bancari di conto corrente, ove sia il correntista ad agire giudizialmente per l'accertamento giudiziale del saldo e la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall'istituto di credito, questo dovrà farsi carico della produzione degli estratti conto: con tale produzione, difatti, il correntista assolve all'onere di provare sia gli avvenuti pagamenti che la mancanza di causa debendi.

La rideterminazione del saldo del conto, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, deve avvenire attraverso i relativi estratti, a partire dalla data dell'apertura del conto corrente, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate. Tuttavia, in mancanza dei contratti di conto corrente e degli estratti conto completi, il giudice valutate le condizioni delle parti e le loro allegazioni, può integrare la prova carente anche con altri mezzi di cognizione disposti d'ufficio, in particolare con la consulenza contabile, utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare e avere, il saldo risultante dal primo estratto conto, in ordine di tempo, disponibile e acquisito agli atti.

In presenza di un considerevole numero dì estratti conto, prodotti dal correntista che, in tal modo ha adempiuto al suo onus probandi, il giudice ha ricostruito, attraverso la consulenza contabile, il rapporto di conto corrente, assumendo quale saldo iniziale quello risultante dall'estratto di più antica data, senza perciò incorrere nella violazione dell'art.115 c.p.c., non avendo l'estratto conto valore di prova legale.